Ho lasciato passare qualche giorno per smaltire gli entusiasmi e adesso, a mente fredda, ho voglia di fare due considerazioni sulla trasferta barese.
In tanti anni di viaggi e concerti non ci eravamo mai soffermati a giudicare le città o i locali dove abbiamo suonato, per cui possiamo farlo senza passare per quelli che parlano sempre bene del piatto in cui mangiano.
E’ chiaro, Bari ci piace (e noi probabilmente siamo piaciuti a Bari) visto che per due volte in un anno, in due locali diversi, abbiamo incontrato situazioni raramente riscontrate nel resto d’Italia. Provo velocemente a spiegarvele.
1 – Le persone. E su questo non si discute, o lo sei o non lo sei. Non esiste una scuola che ti insegni ad essere cordiale, aperto, disponibile, simpatico. E loro lo sono. Sia gli organizzatori che il pubblico.
2 – I locali. Perfetti (e parlo sia dell’H25 che dell’Eremo di Molfetta). Per chi non suona sembrerà una banalità, ma quanti locali conosciamo, giù al Nord, dotati di un palco comodo, un buon impianto, un bravo fonico, un camerino? Se escludiamo le grandi strutture dei palabanca o palavecchiostilistafamoso, io ne conosco due.
A Milano per esempio, il protagonista delle serate è sempre “il Locale” e spesso dobbiamo cambiarci nel deposito delle bottiglie ed esibirci davanti alla porta delle cucine per non togliere spazio ai tavoli (… tavoli=profitto) e capita così di sentirci d’intralcio al fondamentale lavoro di camerieri e buttafuori. Pessimo.
3 – La comunicazione. Su questo punto, che riguarda un po’ anche il mio lavoro, faccio un lunghissimo inchino. La cura per la grafica, la stampa, internet, radio (grande RadioL(u)ogoComune), l’allestimento scenografico, i Dj’s. Tutti i mezzi usati al meglio per dare valore ad un evento. Da prendere come esempio.
Grazie a tutti e spero a presto, Renzo B.